1989-1991: la nascita del PDS

Simbolo del PDS (1991-1998)Tre sono i fattori principali che spiegano come la svolta e il superamento dell’esperienza politica del movimento comunista italiano, il più importante nella storia dell’Europa occidentale, fosse diventata ormai una necessità inderogabile. Il primo fattore è di natura internazionale, la politica di Gorbaciov in URSS  e la crisi irreversibile dei paesi comunisti; il secondo fattore è di natura interna, la direzione del Pci si rende conto che la politica del “nuovo corso” presentata nel XVIII congresso nazionale (18-22 marzo 1989) è inefficace ancora prima di prendere l’avvio. Il terzo fattore, locale, è quello che più ci interessa in questa ricerca, non tanto perché in Umbria vi furono spunti di particolare originalità sul dibattito politico che accompagnò la svolta, in questo il partito regionale si attenne a quel centralismo democratico da sempre perseguito con assoluta lealtà, l’aspetto interessante è l’analisi socio – politica del periodo che accompagnò la nascita del Pds. Come detto tra il 1985-89 il Pci umbro pur diminuendo il suo peso elettorale e di iscritti, non appariva in condizioni tali da far prospettare una sua fine politica, nel 1989 il numero di iscritti era pari a 42.574 unità, nelle elezioni politiche del 1987 continuava a godere del 40,2% dei voti, controllava l’amministrazione della regione, delle due province e dei comuni più importanti. Eppure questi dati analitici nascondevano un problema ben più profondo, in Umbria ormai da anni si assisteva ad una frammentazione sociale, economica e culturale che provocava segni di cedimento e prime avvisaglie di pericolo nello stesso corpo elettorale e di iscritti del partito. Un partito lacerato dalla polemica tra politici e amministratori che più che dare una risposta ad una società in mutamento, godeva della rendita che gli veniva assicurata dalla gestione del potere, dal cosiddetto “sistema politico amico” e da quella democrazia consociativa che aveva innescato ( formalmente la fase del compromesso storico era stata superata dal XVIII congresso nazionale). Se a questo si aggiunge la crisi interna all’alleanza di sinistra con il vecchio PSI che aveva permesso la guida della regione fin dal secondo dopoguerra, possiamo capire come l’idea di cambiare pagina fosse entrata nella mente dei più come qualcosa di non ritardabile, pena il totale sganciamento dalla realtà. Il 9 novembre 1989 tra la sorpresa generale cadeva il muro di Berlino, era il momento di agire se non si voleva che quelle macerie travolgessero tutto e tutti. Il 12 novembre, il segretario nazionale del Pci Achille Occhetto, nella sezione della Bolognina (popolare quartiere di Bologna) dichiarò la volontà di non continuare più su vecchie strade ma inventarne di nuove in nome del progresso e delle riforme, era in altri termini la presa d’atto della fine del legame con il comunismo avviando l’ingresso del partito nell’alveo della moderna socialdemocrazia europea, era come la storiografia poi ha sostenuto, la “svolta della Bolognina”, l’inizio del processo che porterà alla fine del Pci e  alla nascita del Pds. Nella direzione nazionale del 14 novembre si formalizzò la proposta del segretario Occhetto di aprire una fase costituente per la creazione di una nuova forza politica che avrebbe condotto al cambiamento del nome e del simbolo del partito, proposta che venne ratificata  nel successivo comitato centrale del 20-24 novembre. Il partito decise di indire un congresso straordinario per la primavera successiva, le tensioni e le resistenze apparvero subito piuttosto forti, si formano tre mozioni: la prima del segretario Occhetto, che chiameremo della “svolta” per maggiore semplicità; la seconda di Ingrao, Natta e Tortorella che chiedeva un rinnovamento del Pci ma non un suo annullamento (sullo schema del XVIII congresso); la terza di Cossutta  puntava viceversa al rafforzamento del Pci. In Umbria la situazione seguì i percorsi del centro, dopo il burrascoso novembre, i comunisti umbri radunarono il comitato regionale, congiuntamente ai comitati federali delle due province, nei giorni 1-2 dicembre 1989, al centro di vita associativa di Madonna Alta, come a livello nazionale, i vari delegati si schierarono in base alle tre mozioni, con una netta prevalenza della prima, quella della “svolta” di Occhetto. Nel febbraio del 1990 si tennero i congressi delle federazioni di Terni e di Perugia in preparazione del congresso nazionale. Nel congresso di Terni la mozione Occhetto ottenne il 68,4%, quella di Ingrao il 30%, quella di Cossutta il 1,5%, a Perugia i risultati furono rispettivamente del 73,8%, 19,9% e 6,3%. A livello nazionale le tre mozioni avevano ottenuto il 67%, 30% e 3%. L’Umbria con il 70,6% per la mozione Occhetto dava un largo seguito al programma di svolta presentato dal segretario, deludente e inaspettato fu il risultato della mozione Ingrao (comunisti democratici) che godeva nella regione di un notevole apprezzamento politico e umano data la sua presenza costante nel territorio[12]. In base a questi risultati nel periodo 7-11 marzo 1990 si svolse a Bologna il XIX congresso che aprì ufficialmente la fase costituente che avrebbe dovuto portare alla nascita di una nuova forza politica della sinistra, il 10 ottobre 1990 venne presentato il nome e il simbolo del nuovo partito. In attesa del XX e ultimo congresso del Pci si tennero i congressi federali, a misurarsi furono sempre tre mozioni ma non le stesse di prima, a parte la mozione del segretario, la seconda vide uniti Cossutta, Ingrao, Natta e Tortorella critici verso la svolta, la terza capeggiata tra gli altri da Bassolino, pur accettando il nuovo partito ne voleva sottolineare la forte impronta di sinistra. I risultati furono i seguenti: la prima mozione ottenne il 71,3% a Terni e il 75,6% a Perugia, la seconda il 21,5% a Terni e il 20,4% a Perugia, la terza il 6,8% a Terni e il 4% a Perugia. In Umbria la svolta e quindi la nascita della nuova formazione politica e del nuovo simbolo, ottenne in totale il 79,6% a Perugia e il 76% a Terni[13]. Il XX congresso del Pci che si tenne a Rimini (31 gennaio – 4 febbraio 1991) decretò la fine del partito  e la nascita di una nuova realtà politica il Pds, dopo settanta anni il Pci cessava di esistere. Quale doveva essere il futuro politico di questa nuova formazione? Se si guarda alla fase costituente 1989-91, le prospettive non sembravano buone, nelle elezioni amministrative del 1990 vi fu un forte calo del Pci, l’alleanza di sinistra continuava a controllare la Regione, le due Province e molti comuni, ma altre zone sfuggirono di mano è il caso di due importanti centri come Spoleto e Foligno dove si formano giunte controllate dall’asse Dc – Psi o ancora città come Assisi e Città di Castello dove si crearono giunte Dc – Pci[14]. In realtà il Pds durante la sua esistenza (1991-1998) e i Ds oggi, hanno saputo recuperare parte del terreno perduto durante il terremoto 1989-91 e pur non contando più su il massiccio consenso del Pci, sia in termini di voti che di iscritti, hanno continuato e continuano ad essere il partito più importante, tornando a controllare la quasi la totalità dei comuni, confermando il loro potere sulle due province e sulla regione stessa, rappresentando la guida indiscussa dell’Umbria.


[12] Ibid.
[13] Ibid.
[14] Raffaele Rossi – Alberto Stramaccioni, op. cit.
 
Bibliografia
Opere di carattere locale:
-          Renato Covino, Partito Comunista e società in Umbria, Foligno 1994, ed. Editoriale Umbra.
-          Raffaele Rossi e Alberto Stramaccioni, Per la Storia dei Comunisti di Perugia e dell’Umbria 1921-1991, Perugia 2000.
-          Alberto Stramaccioni, Il PCI in Umbria 1921-1991, Perugia 1992.
-          Renato Covino e Giampaolo Gallo, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. Vol. l’Umbria, Torino 1989.
-          Raffaele Rossi, Il Pci in una regione rossa. Intervista sui comunisti umbri, Perugia 1977, Editrice Grafica.
-          Renato Covino, Il Pci negli anni ’70. La composizione sociale dei gruppi dirigenti umbri, “Segno Critico”, n.1 marzo-giugno 1979.
-          Renzo Martinelli, Storia del partito comunista italiano, Torino 1995, ed. Einaudi.
-          Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, Torino 1967-75, ed. Einaudi.
-          Aldo Agosti, Storia del Partito comunista italiano 1921-1991, Roma – Bari 1999, ed. Laterza.
-          Giorgio Galli, Storia del Pci, Milano 1993, Kaos edizioni.
-          Aris Accorsero, Il Partito Comunista, Milano 1982, ed. Feltrinelli.

Stampa Email

© Fondazione Pietro Conti - Piazza della Repubblica,71 06121 Perugia