L’Archivio Pci/Pds/Ds: memoria e autonomia

ugosposettidi Ugo Sposetti
Aprire un archivio significa innanzi tutto mettere a disposizione della cittadinanza tutta, e della comunità scientifica in particolare, un patrimonio di documenti, una cassetta degli attrezzi indispensabile per condurre una ricognizione del passato ispirata a criteri di onestà intellettuale e di libertà della ricerca.
Definire il lavoro che stiamo portando avanti, cercando di leggerlo non solo in una prospettiva quantitativa, ma dal punto di vista del suo significato e della sua importanza, significa ragionare su due concetti chiave: memoria e autonomia.   Due concetti che io considero fondamentali per costruire un'idea di futuro.
 
Di memoria, negli ultimi 20 anni, si è discusso molto e in sedi diverse. Un'abbondanza di iniziative suscitata da due fattori: il primo è l'assenza di una memoria "condivisa" nello scenario politico, maggiormente sentita col venir meno dell'egemonia del cosiddetto "arco costituzionale", e dunque col mutamento radicale dello scenario politico stesso; il secondo è l'assenza di memoria storica nel tessuto della società italiana, nelle generazioni più giovani ma non solo, sintomo inquietante di una società non proiettata verso il futuro, bensì schiacciata sul presente. Il tutto mentre da più parti si invocava il mito della tabula rasa, della liberazione dalle idee del passato, della proiezione verso il "nuovo", un mondo sconosciuto, indefinito e proprio per questo attraente. Una pagina bianca, che poteva essere riempita di retorica in saldo.
Spesso si è avuta la sensazione che la memoria delle origini della Repubblica, vale a dire della Resistenza e della Costituzione, fosse considerata alla stregua di simboli e riti di una religione antica, sommersa dalla storia. Elaborarla, diffonderla era sinonimo di immobilismo, fuga nella nostalgia, renitenza al cambiamento.
Una contraffazione ideologica che ha riscosso un duraturo successo: a destra dove trovava un terreno reso fertile da una volontà di rivalsa nei confronti della sinistra e del suo ruolo centrale nella fondazione della Repubblica e nella difesa delle sue istituzioni, come nella stessa sinistra, o in una sua parte consistente, ansiosa di nuotare nelle acque trasparenti del post-moderno.
Ora, di fronte ai rischi di autoritarismo populista e di disgregazione del tessuto unitario della nazione, qualche dubbio comincia a farsi strada.
La memoria è essenziale per definire il presente e costruire il futuro, non per rifugiarsi nel passato.
La memoria, intesa come elaborazione di esperienze storiche significative che aiuta a leggere la realtà e costituisce una guida etica per attraversarla e cambiarla, è inseparabile dalla politica.
La memoria ha dunque un ruolo determinante, purchè non sia asservita alle esigenze immediate, semplificate della politica mediatica così come essa  attualmente si configura.

Di autonomia, invece, si è forse discusso troppo poco. Purtroppo non credo sia accaduto perchè non ve ne fosse bisogno.
Sto parlando di una autonoma capacità di elaborazione politica e culturale, non contrapposta per principio ma neppure subalterna di fatto ai mass-media e ai loro proprietari, a quelle culture politiche, pur degne di rispetto, che hanno sempre visto l'organizzazione autonoma del mondo del lavoro nelle sue espressioni politiche e sindacali come un ostacolo da abbattere, un pericolo da cui guardarsi, o nella migliore e più progressista delle ipotesi, un errore, un'anomalia da correggere con una buona dose di paternalismo.
Oggi non è più il tempo dell'autonomia di classe; non è più il tempo in cui si pensava di costruire, dai banchi dell'opposizione ma soprattutto nel vivo della società, un sistema di pensiero, una cultura, una socialità antagonista alla società capitalistica.
Tuttavia, quel movimento politico e sociale, il movimento dei lavoratori, le sue istituzioni, il partito, i sindacati, gli intellettuali e gli artisti, hanno costruito un patrimonio di idee e di valori. Tale patrimonio ha permesso alla società italiana di progredire, alla nostra democrazia di consolidarsi e avanzare, nonostante tutto ciò avvenisse in un contesto politico sempre complesso e difficile e a tratti drammatico.
Ma questo non è tutto: quel patrimonio ha molto da dire e da offrire anche, io direi soprattutto, se e quando guardiamo al presente e al futuro, ai problemi e alle sfide del mondo in cui viviamo e di quello in cui vivranno i nostri figli. Valori, esperienze, idealità che possono essere abbandonati o negati solo da coloro che questo mondo lo accettano così com'è, rinunciando alla prospettiva del cambiamento, della giustizia e del progresso; o, peggio, da coloro che temendo il futuro vogliono viverlo chiusi dentro un bunker, eretto a difesa di privilegi minacciati da mutamenti epocali.
Non è questo il nostro approccio al futuro, e non lo è proprio perchè siamo figli di quella storia, la nostra.

Stampa