Quale futuro?
Dal biennio 1989-91 ad oggi la scena politica italiana ha subito dei mutamenti notevoli, non solo come visto in precedenza, il Pci è diventato Pds poi trasformatosi a sua volta in Ds, è sparita la Dc, il vecchio Psi è stato seppellito dalle macerie di tangentopoli, persino la destra, il Msi, ha deciso di rifarsi il trucco divenendo An.
Non a torto si è parlato di fine della prima Repubblica, a partire da quel momento siamo entrati in una lunga fase di transizione in cui il berlusconismo è stata la novità assoluta che ha influenzato la politica italiana.
La seconda repubblica che molti hanno con tempestività annunciato non si è ancora materializzata, i partiti si sforzano di cambiare nome e simbolo ma come ho cercato di spiegare in questa ricerca, ciò non basta per rinnovare la politica, le persone infatti rimangono le stesse, il modo di far politica è il medesimo. Due settantenni si sono contesi la guida del paese nelle ultime elezioni politiche (9-10 aprile 2006), per giunta erano gli stessi di dieci anni prima (elezioni politiche 1996). Molti ritengono che non si possa fare una questione di età, forse non è un problema di età ma è sicuramente un problema di mentalità.
Chi è vissuto, è cresciuto, si è formato culturalmente in un’epoca, non capirà mai appieno quella successiva, il più delle volte avrà bisogno di qualcuno che gliela spieghi, il rinnovamento generazionale serve a questo ad essere al passo con i tempi, e allora se due vecchietti di settanta anni sono ciò che di meglio ha l’Italia addio rinnovamento, addio dinamicità, se continuiamo così saremo il primo paese del mondo che verrà messo in pensione dagli altri perché del tutto inutile.
Si parla molto di creare in Italia un Partito Democratico che unisca le due forze più importanti del centro sinistra i Ds e la Margherita, che cosa dovrà essere questo partito? Sono oltre dieci anni che nel centro sinistra si sperimentano alleanze, unioni di partiti che apparentemente sostengono di avere comunità d’intenti, cartelli elettorali ecc. ci troviamo da tempo soggetti ad una alchimia politica che ha prodotto finora risultati piuttosto deludenti.
Si è partiti dalla coalizione di sinistra chiamata i “ Progressisti” composta dal Pds, Prc, Verdi, Partito Socialista Italiano, Alleanza Democratica, La Rete, che avrebbe dovuto portare alla vittoria nelle elezioni politiche del 1994 ma che in realtà ha ottenuto l’esatto contrario. Nel 1995 si è pensato di allargare la coalizione alle forze del centro, nacque L’Ulivo quale alleanza di centro sinistra formata dal Pds, Partito Popolare Italiano, Rinnovamento Italiano, Verdi, questo nuovo soggetto aveva una base più solida del precedente e non a caso ha portato alla vittoria nelle elezioni politiche del 1996.
Purtroppo non vi è stata continuità e nelle elezioni politiche del 2001 L’Ulivo è stato sconfitto. Se fino ad allora il movimento era parso più un cartello elettorale che altro, in quanto nella sostanza ogni partito si presentava separato dagli altri, sotto la spinta di Romano Prodi si è chiesto a tutti quei partiti di presentarsi insieme sotto il simbolo dell’Ulivo.
In vista delle elezioni europee (2004) è stata creata la lista “Uniti nell’Ulivo” che ha visto riuniti i Ds, la Margherita, lo Sdi, e il Movimento dei Repubblicani Europei. Da questa esperienza ha preso vita la Fed, la federazione dell’Ulivo (febbraio 2005) con l’intento di unificare ancora di più il movimento. In occasione delle importanti elezioni regionali (2005) e in preparazione delle politiche (2006) il centrosinistra ha cercato di compattarsi sotto la sigla de L’Unione, questa mossa si è rivelata vincente in entrambe le consultazioni. Alle elezioni regionali del 2005 però la Fed è arrivata unita in 9 regione mentre in altre 5 le liste che la componevano hanno deciso di correre separatamente, così come nelle elezioni politiche del 2006 che hanno visto L’Ulivo unito alla Camera dei Deputati e diviso al Senato, mossa politicamente incomprensibile al punto da lasciare il contentino ad un Berlusconi sconfitto di poter dire di essere il partito di maggioranza relativa.
Questa carrellata apparentemente inutile è a mio avviso importante da analizzare se non vorremo che il Partito Democratico di cui tanto si parla ultimamente, non sia che una delle tante voci prive di continuità politica che riempiono i libri di storia, soprattutto della storia di sinistra o se vogliamo del centrosinistra italiano.
Partire sostenendo che gli elettori preferiscono la lista dell’Ulivo a quelle separate dei Ds o della Margherita e quindi fare un ragionamento di pura utilità elettorale, rischia di essere un’analisi di breve periodo destinata alla sconfitta. Il futuro Partito Democratico deve dare l’impressione di essere qualcosa di nuovo e non una semplice sommatoria di voti, per fare questo occorrono programmi nuovi e persone nuove ma soprattutto è importante dotarsi di una nuova mentalità politica, detta così sembra essere una cosa banale, in realtà è una prospettiva difficilissima da realizzarsi, se si riflette è proprio su questo punto che si è avuto il fallimento della svolta del 1989-91 del passaggio dal Pci al Pds da cui successivamente sono sorti i Ds.
Viviamo in un’epoca storica paradossale, tutti reclamano il rinnovamento ma in realtà il sistema è retto dalla gerontocrazia in ogni settore, non so fino a che punto noi giovani decideremo di seguire politici e politiche tanto datate, questo è il nostro tempo occorrerebbe che un po’ marxianamente prendessimo coscienza di noi stessi.
Questo per dire che se ai giovani e soprattutto alle idee giovani verrà lasciato il ruolo subalterno a cui sono state destinate ultimamente, se in altri termini il futuro Partito Democratico nascerà secondo le vecchie logiche, avrà a mio avviso, vita breve e tormentata e la tanto agognata seconda Repubblica tarderà a prendere forma.
Bibliografia
Opere di carattere locale:
- Renato Covino, Partito Comunista e società in Umbria, Foligno 1994, ed. Editoriale Umbra.
- Raffaele Rossi e Alberto Stramaccioni, Per la Storia dei Comunisti di Perugia e dell’Umbria 1921-1991, Perugia 2000.
- Alberto Stramaccioni, Il PCI in Umbria 1921-1991, Perugia 1992.
- Renato Covino e Giampaolo Gallo, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. Vol. l’Umbria, Torino 1989.
- Raffaele Rossi, Il Pci in una regione rossa. Intervista sui comunisti umbri, Perugia 1977, Editrice Grafica.
- Renato Covino, Il Pci negli anni ’70. La composizione sociale dei gruppi dirigenti umbri, “Segno Critico”, n.1 marzo-giugno 1979.
- Renzo Martinelli, Storia del partito comunista italiano, Torino 1995, ed. Einaudi.
- Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, Torino 1967-75, ed. Einaudi.
- Aldo Agosti, Storia del Partito comunista italiano 1921-1991, Roma – Bari 1999, ed. Laterza.
- Giorgio Galli, Storia del Pci, Milano 1993, Kaos edizioni.
- Aris Accorsero, Il Partito Comunista, Milano 1982, ed. Feltrinelli.